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10/06/2018
Ricerca e Innovazione - Il Quadro europeo di valutazione dell'innovazione
- Massimo Padovano
 
Il carattere complesso e sistemico dei processi di innovazione - ovvero il loro riferirsi ad una pluralità di fattori variamente interconnessi che definiscono degli “ecosistemi dell’innovazione” a diverse scale territoriali - è bene rappresentato dal Quadro europeo di valutazione dell'innovazione (European Innovation Scoreboard) e dallo strumento complementare del Quadro di valutazione dell'innovazione regionale (Regional Innovation Scoreboard), messi a punto dalla Commissione europea nell’ambito dell’Iniziativa faro «L’Unione dell’Innovazione» e, dunque, nella cornice più ampia della cosiddetta “Strategia Europa 2020”.
Il Quadro europeo di valutazione dell'innovazione fornisce utili indicazioni sulla capacità di innovazione degli Stati UE, misurata attraverso 27 diversi indicatori e un indice sintetico di innovazione (Summary Innovation Index). Arricchito ed integrato in occasione dell’ultimo Rapporto 2017, sulla base di un ampio confronto con esperti e rappresentanti degli Stati membri, di nuove evidenze della teoria economica e di una migliore disponibilità di dati, il Quadro di valutazione raggruppa i 27 indicatori in 4 principali categorie di indicatori e 10 dimensioni dell'innovazione:
1) la categoria “Condizioni quadro” individua i principali driver dell’innovazione esterni alle aziende e comprende tre dimensioni dell’innovazione (Risorse umane, Sistemi di ricerca attraenti, Ambiente favorevole all’innovazione);
2) la categoria “Investimenti” è focalizzata sugli investimenti pubblici e privati nella ricerca e nell’innovazione e si articola in due dimensioni (Finanziamenti e aiuti, Investimenti delle aziende);
3) la categoria “Attività di innovazione” concerne le attività innovative sviluppate dalle imprese e copre tre dimensioni (Innovatori, Collaborazioni, Attivi intellettuali);
4) la categoria “Effetti” descrive gli impatti delle attività di innovazione delle imprese con riferimento a due dimensioni (Effetti sull’occupazione, Effetti sulle vendite).
La produzione di Rapporti annuali e la disponibilità di tool dinamici consentono di analizzare in chiave comparativa la struttura dei sistemi nazionali e regionali di innovazione, di valutarne le performance e l’evoluzione degli aspetti più significativi e di misurarne la distanza rispetto ai Paesi europei non UE, agli Stati viciniori e ai principali competitor globali. L’ambizione finale è quella di supportare le decisioni dei policy-makers, lungo il sentiero verso una crescita più intelligente, sostenibile ed inclusiva tracciato da Europa 2020.
L’ultimo Rapporto 2017 disegna uno scenario non particolarmente favorevole per l’UE nel suo complesso e ancora sensibilmente negativo per il nostro Paese.
L’Unione europea è meno innovativa di Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Sebbene le distanze con il Canada e gli Stati Uniti si siano ridotte rispetto al 2010, quelle con il Giappone e la Corea del Sud si sono ampliate. Il Giappone ha migliorato il proprio rendimento innovativo di più del triplo rispetto all’UE, la Corea del Sud quasi del quadruplo. L’UE mantiene una posizione di netto vantaggio nei confronti della Cina, ma tale vantaggio è in rapido calo a fronte di un tasso di incremento della capacità innovativa cinese che è sette volte superiore rispetto a quello dell’Unione. Il vantaggio dell’UE nei confronti di Brasile, India, Russia e Sud Africa resta invece considerevole.
L’Italia appare complessivamente in leggera regressione rispetto al 2010 e, comunque, con performance inferiori ai Paesi di riferimento per dimensione e PIL (Francia, Spagna, Germania, Regno Unito). A fronte di un trend europeo positivo (il punteggio medio dell’Unione Europea aumenta di 2 punti tra il 2010 e il 2016) e di ben 15 Paesi che migliorano le proprie prestazioni, l’Italia è uno dei 13 Paesi che segna un arretramento, sensibilmente inferiore solo a quello di Romania e Cipro. Al peggioramento in alcuni indicatori che misurano le condizioni di base per l’innovazione (collaborazione tra privati e tra pubblico e privato, presenza di venture capital, strumenti finanziari di supporto) e che si riflettono in un peggioramento evidente degli impatti economici (occupati e vendite in innovazione) fanno da contraltare una serie di aspetti positivi, come l’aumento della popolazione con istruzione terziaria (uno degli indicatori su cui l’Italia fa ancora registrare un netto ritardo rispetto ai Paesi di riferimento) e l’attrattività dei sistemi di ricerca.
Il punteggio complessivo colloca l’Italia nel gruppo degli “innovatori moderati” (insieme con Cipro, Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Slovacchia, Spagna e Ungheria), molto dietro la media europea e i gruppi dei “forti innovatori” (Austria, Belgio, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Slovenia) e dei “leader dell’innovazione” (Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Regno Unito e Germania). Fanalino di cosa nel gruppo dei “innovatori moderati” compaiono Bulgaria e Romania, che hanno un rendimento innovativo ben inferiore alla media unionale.
 
Per saperne di più:
> http://ec.europa.eu/growth/industry/innovation/facts-figures/scoreboards_en

 
pdf  European Innovation Scoreboard 2017
             
         
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