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18/09/2018
Economia circolare - I fanghi di depurazione: emergenza ambientale o risorsa inesplorata?
- Luca Pucci
 

In Italia gli impianti di depurazione che funzionano potrebbero, a breve, non essere in grado di produrre acque depurate come fanno solitamente. Il motivo di questa possibile emergenza ambientale è la mancanza di sbocchi finali per i fanghi che si producono quando la depurazione biologica avviene in maniera efficiente. L’Italia della depurazione, come per altri settori, presenta un quadro molto variegato nel quale convivono eccellenze nel campo della ricerca e dell’innovazione, aziende all’avanguardia, gestioni inefficienti, approcci politici e amministrativi variegati nelle diverse regioni. Il bilancio finale di Goletta Verde di Legambiente è impietoso: dei 261 punti campionati lungo le coste italiane soltanto il 52% ha la qualità batteriologica necessaria alla balneabilità. La mancata depurazione danneggia i nostri fiumi e mari, determina rischi per la salute ed è già costata allo Stato Italiano 25 milioni di Euro per la condanna della Corte Europea di Giustizia, divenuta definitiva lo scorso giugno, e ne costerà 30 milioni di euro ogni sei mesi fino a quando non avremo sanato le numerose criticità.
Ad accelerare la possibile crisi del sistema depurazione italiano sono state due recenti sentenze del TAR Toscana e del TAR Lombardia, che attualmente impediscono di fatto la possibilità di riutilizzo del fango in agricoltura, una pratica molto diffusa nel centro-nord come in molte nazioni europee. In Lombardia 51 Amministrazioni Comunali delle Province di Lodi e Pavia, territori nei quali si è concentrato in questi anni lo spandimento in agricoltura dei fanghi, si sono opposte ai provvedimenti amministrativi della Regione dando voce ai disagi dei cittadini residenti che lamentano problemi di odore e preoccupazioni di inquinamento di acqua e suoli, determinati da modalità di gestione dello spandimento non sempre corrette, come accertato dagli organi di controllo. Al centro sud, invece, è maggiormente diffusa la pratica di smaltimento in discarica, la cui disponibilità a ricevere fanghi è in costante diminuzione.
Le acque reflue urbane raccolte dal sistema fognario vengono recapitate nei depuratori civili, nel quale avviene un processo biologico di depurazione basato sulla presenza di una giusta quantità di fango nel quale sono presenti i batteri che depurano l’acqua, da restituire all’ambiente. Per garantire il corretto funzionamento del depuratore è necessario avere la giusta quantità di fango eliminando periodicamente quello in eccesso. Il fango residuo è inizialmente composto di acqua (circa il 98%) e una restante parte solida composta principalmente di sostanza organica e nutrienti (azoto e fosforo) e in piccolissime percentuali da metalli pesanti, idrocarburi e altri composti organici presenti nei reflui fognari. Il fango residuo richiede ulteriori trattamenti per stabilizzare le sostanze organiche (ridurre la putrescibilità), ridurre la quantità di acqua (a valori inferiori almeno all’80%) e igienizzare (per distruggere eventuali agenti patogeni presenti).
Il trattamento dei fanghi può avvenire con differenti tecnologie, presenti nell’impianto di depurazione che produce i fanghi o in piattaforme centralizzate di trattamento, e ottenendo un residuo finale le cui caratteristiche dipendono dalle sostanze inizialmente contenute nelle acque reflue e dal tipo di trattamento che hanno ricevuto. Una volta completati i trattamenti preliminari le possibili destinazioni finali del fango sono:
a) riutilizzo in agricoltura (spandimento diretto sui suoli)
b) recupero di materia (produzione di compost con processi aerobici e/o anaerobici, trattamento chimico)
c) recupero energetico (utilizzo di fango essiccato come combustibile)
d) smaltimento in discarica.
La produzione di fanghi di depurazione in Italia, secondo recenti stime di UTILITALIA la federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell'Acqua, è di 4,5-5,0 milioni di tonnellate/anno (concentrazione media di sostanza secca 20%); il costo stimato è di 400-500 milioni di euro. La produzione annua di fanghi è destinata ad aumentare nei prossimi anni, in considerazione del progressivo aumento della copertura e dell’efficienza di depurazione; secondo alcune stime potrebbe arrivare a 7 milioni di ton/anno. L’utilizzo in agricoltura (diretto o tramite compostaggio) è l’opzione attualmente più praticata (il 64% dei casi), seguito dalla discarica (26% dei casi) e dall’incenerimento (9%).
Le sentenze dei TAR di Lombardia e Toscana nascono da un’applicazione estensiva dei principi di precauzione relativi alle norme sui suoli contaminati ai quali vengono equiparati i fanghi di depurazione in assenza di un quadro normativo omogeneo ed aggiornato. La conferenza Stato-Regioni agli inizi di agosto ha approvato il testo di un decreto che dovrebbe superare le contraddizioni delle attuali norme vigenti, rinviando al Parlamento la responsabilità di approvare le nuove norme amministrative e tecniche per l’utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura. Le sentenze dei giudici in ogni caso hanno messo impietosamente in evidenza la mancanza di una strategia nazionale per la gestione dei fanghi di depurazione a cui corrisponda un quadro normativo certo. Al momento. il risultato per le aziende, spesso pubbliche, che gestiscono i depuratori è il blocco quasi totale dei conferimenti ed un aumento dei costi di conferimento per i pochi canali ancora possibili, arrivando a costi di smaltimento di 245 €/tonnellata a fronte di costi medi in Europa di 50-80 €/tonnellata. I costi di smaltimento dei fanghi sono coperti dalla tariffa del Servizio Idrico Integrato, che inevitabilmente subirà aumenti a carico dei cittadini.
Eppure dai fanghi di depurazione è possibile produrre biogas e recuperare sostanze preziose come azoto, fosforo, cellulosa e biopolimeri. Il settore della depurazione acque sta vivendo da alcuni anni, a livello internazionale, un cambio di paradigma che porta a vedere il depuratore come una piattaforma in grado di produrre materiali di valore, biogas ed energia. Il Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche del 2017 è stata dedicata alle acque reflue, che sono state definite la “risorsa inesplorata”.  L’attuale emergenza ci mostra che la gestione dei fanghi va considerata come la “locomotiva” e non come “l’ultimo vagone” del treno del ciclo delle acque, a differenza di quanto tradizionalmente è avvenuto. Partendo dalla consapevolezza della complessità dei processi e della disponibilità di diverse strategie è necessario elaborare una visione nazionale di medio e lungo termine, come avvenuto in altre nazioni europee, dalla quale far scaturire un sistema di gestione dei fanghi di depurazione sostenibile da un punto di vista ambientale, economico e sociale. L’obiettivo è superare le criticità ancora irrisolte legate allo smaltimento dei fanghi e trasformare la filiera dei trattamenti in un ciclo sostenibile, interconnesso e integrato al territorio mediante concrete simbiosi industriali.
 
Risorse

IWA (2015). “State of the Art Compendium Report On Resource Recovery from Water”
Giliberto, J. (2018). “Una sentenza ferma i depuratori” Il Sole24Ore 14 agosto 2018
Legambiente (2018). “Dossier Goletta Verde
Mininni (2018). “La gestione dei fanghi urbani: una filiera da ricostruire con regole certe” Conferenza Fanghi di depurazione da rifiuto a risorsa, Milano.
UN (2017). “Acque reflue La risorsa inesplorata” Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2017
UTILITALIA (2017). “Utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura. Indagine Utilitalia sui fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane.”
Spinosa, L. (2018). “Gestione dei fanghi depurazione: un puzzle da risolvere tra principi teorici e realtà”. Ingegneria dell’Ambiente Vol.5 n.1/2018
 
             
         
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